di Franco Marra (Sloweb, fondatore e attivista).
Esiste una tecnologia che da un paio di anni non va così di moda come l’Intelligenza Artificiale, forse perché meno spettacolare e apparentemente meno inquietante: quella della blockchain e delle criptovalute. Osservarla in dettaglio consente però di analizzare a fondo la natura dei mercati e delle valute, e ci permette di andare alla radice dei concetti di cooperazione, così importante in Internet, e di competizione e fiducia, fondamentali in economia. E poi, i cammini dell’IA e delle criptovalute si incrociano in una inattesa prospettiva distopica. Vediamo quale.
L’inizio: il Partito Pirata
Cominciamo dall’inizio: nei primi anni del terzo millennio nasce il Partito Pirata svedese. Per gli aderenti a questo movimento, Internet è uno spazio pubblico, al di fuori del potere dei governi, delle multinazionali dell’Information Technology o dell’industria dei media, e dove chiunque può esprimere le proprie opinioni. C’è il rifiuto di ogni autorità e l’esaltazione del libertarismo, termine usato dai socialisti anarchici fin dal 1858, movimento di cui si vuole essere interpreti e eredi in rete attraverso il cosiddetto cyberlibertarismo.
Ovviamente da subito il bersaglio dei Pirati è il copyright, il diritto d’autore: il nome stesso del movimento richiama la pirateria on-line, l’attività che porta alla fruizione di contenuti multimediali, musica, filmati, senza riconoscimento dei relativi diritti. Viene fondato un sito di file sharing, “The Pirate Bay” che adotta un particolare protocollo per il download di contenuti protetti da copyright, il “BitTorrent”. Sfrutta il principio di cooperazione, nel pieno spirito originario della Rete, di molti peer, invece che la fragile gerarchia di pochi grossi server. Usando il BitTorrent, uno stesso contenuto trasmesso tramite segmenti identificati dal loro hash1 viene trasparentemente ennuplicato tra tutti i membri della comunità che lo condivide. Basta il furto originale a spese del detentore dei diritti e il contenuto si propaga viralmente, grazie al contributo di tutti.
Rapidamente, anche grazie alla risonanza provocata da un famoso processo per violazione dei diritti d’autore voluto dall’industria del media e celebrato in Svezia nel 2009, il Partito Pirata cresce di popolarità e diventa il quarto partito politico svedese, mentre movimenti fratelli nascono in tutta Europa e nel mondo. La tecnologia di rete consente alle comunità che in essa sono rappresentate delle forme di democrazia deliberativa, e il movimento si dota di uno strumento software, “Liquid Feedback”, che consente il dibattito in remoto tra tesi in discussione. La deliberazione avviene tramite il metodo Schulze (del 1997), basato su una tecnica originale di valutazione dei voti di preferenza. Liquid Feedback è all’origine di altri strumenti di deliberazione comunitaria, il più famoso dei quali in Italia è senz’altro Rousseau, del Movimento 5 Stelle.
Dal mercato tradizionale a quello digitale
Ogni comunità abbastanza grande inizia prima o poi a scambiare beni e servizi. Non fanno naturalmente eccezione le comunità in Internet, e quindi i concetti di mercato e di valuta trovano una loro rappresentazione digitale.
Partendo dai fondamentali, un mercato è uno spazio in cui si scambiano cose, e una valuta è il metro di misura che consente la stima del valore relativo delle cose scambiate, una unità di conto. Una mela vale due carote quando il suo prezzo espresso in valuta è il doppio di quello della singola carota. La valuta è la metamerce che permette di liberare il baratto dal vincolo del qui-e-ora. Scambio la mela con valuta perché in quel momento non ci sono carote. In attesa che ne arrivino abbastanza, la valuta fa da tampone. È il simbolo intercambiabile di un qualche sostituto degli ortaggi e di tutte le altre merci, un bene materiale (sottostante) stabile nel tempo, raro e maneggevole. In breve generico, universale e ambito da tutti. Basta la parola, nessuno chiede in realtà il cambio, che è comunque garantito sulla carta da qualcuno che ne ha, con il beneplacito di tutti, molto in cantina: un’autorità, una Banca Centrale. Parliamo ovviamente dell’oro. Considerato che è molto improbabile che tutti chiedano allo stesso tempo la conversione di valuta in oro, la quantità di circolante ha un valore totale molto maggiore di quello delle riserve auree. La Banca Centrale ne approfitta, e esercita sovranità monetaria tramite politiche che lo regolano. Emettendo più valuta, diminuisce il valore unitario del circolante rispetto al sottostante, e quindi rispetto alle altre valute. Il prezzo della merce espresso nella valuta dei paesi dove si esporta diminuisce, e quindi all’estero se ne vende di più, catturando valuta pregiata e in ultima istanza porzioni nominali della riserva aurea delle altre nazioni. Contemporaneamente i prezzi interni aumentano, insieme alla sfiducia della gente nella valuta inflazionata.
Nel 1944 a Bretton Wood le principali nazioni del mondo si misero d’accordo su nuove regole, per evitare crisi globali come quella del 1929, provocata appunto dalle politiche inflattive usate dalle nazioni per competere, in ultima analisi, per l’accesso al sottostante. Si definì un sistema non più basato sulla convertibilità diretta con l’oro, ma piuttosto sulla fiducia nel sistema capitalista, rappresentata dalla adozione del dollaro come garanzia. Questa valuta privilegiata era l’unica che restava legata all’oro. Il dollaro, come una molla, ammortizzava le tensioni tra le valute e con l’oro, con una gestione unica dell’emissione e dei cambi con le altre monete. La successiva accusa nei confronti degli USA di perseguire il proprio vantaggio competitivo esportando inflazione, e l’assottigliamento delle riserve auree statunitensi causato della guerra del Vietnam e dalle nuove politiche di welfare, misero in crisi gli accordi di Bretton Wood, che vennero sostituiti nei primi anni ‘70 da altri, che svincolarono del tutto le valute dallo standard aureo e introdussero un sistema di cambi flessibili.
Da allora le valute vengono garantite dalla cooperazione all’interno di comunità di membri, che si accordano, talvolta obtorto collo, sui rispettivi valori di interscambio monetario. La competizione tra le nazioni sparisce come la polvere sotto il tappeto della cooperazione, salvo riapparire sotto forma di guerre e guerricciole combattute per il controllo delle materie prime.
Per cooperare ci vuole fiducia, ma la fiducia è nipote della competizione. Si ha fiducia in chi ha capitale in tasca, anche se solo morale o intellettuale. Accumulato competendo. Si dice che ha credito. Anche in Internet, con buona pace dei vecchi boomer delusi dalla sua evoluzione2.
Prendiamo un blocco di bit e rendiamolo raro e prezioso, come gli alchimisti di una volta facevano con il piombo trasformandolo in oro. Con potenti macchine, un sacco di tempo e molta energia elettrica strapazziamo come uova tutti questi bit fino a ricavarne un estratto magico, un sofisticato hash. Se cambio i bit, l’hash non è più lo stesso. Partendo dall’hash si arriva a quei bit e non ad altri: l’hash diventa una forma di identità di quell’insieme. Immutabile nella sua associazione al blocco come un patto con il diavolo scritto con il sangue della matematica. Distillo l’oro dell’hash dal piombo dei bit con la costosa alchimia di un algoritmo. Intasco nel mio borsellino elettronico, il wallet, il valore convenzionale del costo del calcolo, espresso in un tot di nuova valuta emessa dalla comunità, e lo spendo facendola circolare. Come le pagine numerate e bollate di un registro fiscale i blocchi di bit verranno usati per registrare il valore delle transazioni. Si scrive su pagine d’oro, preziose e immutabili, prodotte dal mio scavo matematico, il mining.
Ma non sono il solo a far sudare gli algoritmi: ogni volta è una gara con gli altri miner attratti dal premio, dove vince il più veloce. Ma solo dopo che la comunità ha saggiato la qualità dell’oro estratto, verificando il funzionamento dell’algoritmo. Così le comunità commerciali in Internet hanno portato la competizione e il mercato in rete, minacciando di mandare nella pattumiera della storia le Banche Centrali3.
Traducendo questa idea (da pirata) in termini informatici, la sicurezza, la trasparenza e l’invarianza nel tempo degli accordi di scambio è assicurata da un registro delle transazioni distribuito e sincronizzato (grazie a protocolli simili al BitTorrent dei Pirati Svedesi), immutabile (grazie agli hash) e verificabile da tutti, tramite una cifratura basata su chiave privata e chiave pubblica4: la blockchain. I blocchi della blockchain contengono le registrazioni delle transazioni, i token, e ogni blocco si lega al precedente nella catena usando come anello di congiunzione il suo hash. L’alterazione dei contenuti di un blocco invalida l’hash, e spezza la catena. Le transazioni sul registro vengono quantificate nella valuta (una criptovaluta, perché il registro è cifrato) che fa da unità di conto.
La prima criptovaluta, del 2009, è stata il bitcoin5. Il suo inventore, o gruppo di inventori, è identificato da uno pseudonimo, Satoshi Nakamoto. Il numero dei bitcoin in circolazione è noto a priori e tende asintoticamente ad un totale di 21 milioni, massa valutaria che sarà raggiunta in 136 anni di emissioni secondo una progressione calante che prevede il dimezzamento del quantitativo ogni 4 anni (halving). La nuova valuta è usata per premiare i vincitori delle gare estrattive tra i miner che avvengono ogni 10 minuti, il tempo medio per risolvere l’hash di un nuovo blocco.
Presumibilmente nel tempo la richiesta di bitcoin sarà superiore alla sua disponibilità, e questo fenomeno deflattivo ne aumenterà il valore. La mancanza di autorità monetarie e l’esistenza di un limite superiore alla massa valutaria assicura la stabilità dei prezzi nel mercato interno. Si ipotizza che in futuro, quando i bitcoin non saranno più emessi, i miner saranno ricompensati dalle percentuali sulle transazioni registrate sui blocchi che hanno estratto. La crittografia fornisce l’anonimato delle transazioni e quindi lo sviluppo del mercato, grazie a coloro che non hanno interesse a farsi conoscere per i traffici che fanno.
Le tensioni alla Bretton Wood con l’economia reale, vengono risolte sui bordi della rete, negli exchange, dove si fa anche speculazione, scommettendo sul successo dell’Internet economy, e facendo così assumere alla valuta della Rete anche un ruolo, oggi predominante, di riserva di valore per il mondo esterno.
Ben presto, nel 2013 al bitcoin segue l’ether, una criptovaluta della piattaforma decentralizzata Ethereum che non si basa più sulla gara per il mining, ma sulla capacità finanziaria di chi estrae il blocco. La valuta è usata nei cosiddetti Smart Contract, con i quali le condizioni dello scambio vengono scolpite in blockchain e rese eseguibili. Segue poi una pletora di altre criptovalute associate alle loro blockchain dall’intento più o meno speculativo, a popolare quello che ormai si chiama Web 3.0, il web delle transazioni economiche.
Nel 2014 fanno il loro esordio i Non-Fungible Token (NFT), che registrano i diritti di proprietà su oggetti digitali unici come arte crittografica, oggetti da collezione digitali e giochi online. L’arte è stata uno dei primi casi d’uso per gli NFT grazie alla capacità, assicurata dalla registrazione del loro hash in blockchain, di fornire prove di quella autenticità e proprietà messa a rischio dalla riproduzione di massa e distribuzione non autorizzata di copie in Internet. Si tratta di token quindi non più “fungible” (ossia utilizzabili in modo generico per registrare transazioni), ma associati per sempre a un determinato bene, di cui divengono il digital twin, il gemello digitale. Replica virtuali di oggetti, processi, luoghi, infrastrutture, sistemi e dispositivi e che stanno assumendo un’importanza crescente nella IoT, l’Internet of Things e nell’industria 4.0, ma anche di tutto quel nostro portato esperienziale che vive in chiave digitale.
Blockchain o Ball and Chain?
Nell’autunno del 2022 una organizzazione nata con scopi etici e cooperativi basata sull’adozione delle metodologie open source di produzione e gestione del codice, scopre un’irresistibile vocazione al profitto grazie all’esplosivo successo mediatico del suo prodotto di Intelligenza Artificiale Generativa, ChatGPT. Il suo vate, la nuova superstar della galassia digitale, è Sam Altman, un giovane imprenditore informatico statunitense (1985). Successo mediatico che diviene presto successo di mercato grazie a robuste iniezioni di dollari della Microsoft, che infine acquisisce la società dopo vicende da soap opera apparse sui media di tutto il mondo6.
Sam Altman però non si limita allo sfruttamento commerciale dell’Intelligenza Artificiale. Nel 2021 aveva già fatto nascere worldcoin, una criptovaluta basata sull’identificazione biometrica dell’identità tramite scansione dell’iride. L’impresa ha come fine dichiarato lo sviluppo di “tools for humanity” finalizzati allo sviluppo di un’economia mondiale basata sui principi di quella di Internet.
La scansione dell’iride avviene con un dispositivo noto come “orb” che genera il “worldID”: un identificativo biometrico per la sintesi di identità uniche nel mondo. Il worldID nasce, secondo le comunicazioni ufficiali, con due scopi principali: assicurare a più persone possibile un reddito di base, e contrastare le identità false rese possibili da tecnologie come l’Intelligenza Artificiale. Ogni umano che si sottomette alla scansione della propria iride viene ricompensato proprio con dei worldcoin, spendibili nella cyber-comunità creata da Altman.
Il programma di scansione non avviene in tutti paesi, ma principalmente nel terzo mondo, tra persone dal basso reddito e la popolazione studentesca. Questo suscita una ridda di polemiche e preoccupazioni relative alla protezione dell’identità personale. Nell’agosto del 2023 il governo keniano stoppa sul suo territorio le operazioni di reclutamento di Altman, che in seguito interrompe le sue operazioni anche in India. Alla fine di gennaio 2024, il Garante della Privacy di Hong Kong esegue mandati contro sei uffici Worldcoin, alcuni dei quali erano stati utilizzati per raccogliere le scansioni dell’iride.
La tecnologia dell’intelligenza artificiale ha bisogno di una grande quantità di lavoro umano dedicato all’identificazione certa dei dati estratti da Internet o per fare il pre-training dei modelli (la lettera “P” dell’acronimo GPT: Generative, Pre-trained, Transformer di ChatGPT). In ChatGPT il pre-training si usa anche per filtrare via gli orrori (pedofilia e altro) trovati in rete, a prezzo della salute mentale dei lavoratori impiegati a questo scopo. Occorre infatti la mente umana per identificare dati o situazioni sulle quali la IA non è ancora stata istruita in modo adeguato. Si tratta di attività sottopagate assegnate tramite microtask prevalentemente ad abitanti del terzo mondo dalle piattaforme di crowdsourcing7 come “Mechanical Turk” di Amazon. Questi strumenti, nati nella scia di nobili principi quali quelli dell’intelligenza collettiva, vengono in realtà usati come strumento di sfruttamento e parcellizzazione del lavoro a livello mondiale. Molto funzionali al capitalismo estrattivo e colonialista che domina su Internet, al punto da giustificare elevati investimenti infrastrutturali, come la costellazione satellitare Starlink di Elon Musk (anche questa spacciata con fini umanitari e di sviluppo sociale), utilissima per connettere, per dirla con Carlo Marx, un esercito industriale di riserva mondiale disponibile all’arruolamento a basso costo del crowdsourcing.
Per far funzionare ChatGPT Sam Altman ha bisogno di una grande massa di persone retribuite che faccia il lavoro di base. Se riuscisse a incatenarla a un proprio mercato dove la merce circola usando un valuta creata allo scopo, potrebbe arrivare alla quadratura del cerchio, sviluppando certo un’economia mondiale come da missione di Worldcoin, ma di cui egli è imperatore. Al di là di ogni confine e sovranità nazionale, valutaria o anagrafica.
E con quale catena li può legare? Qui si entra ovviamente nel campo delle ipotesi, e di quelle distopiche, ma, come diceva un Presidente del Consiglio italiano, a pensar male si commette peccato, ma spesso ci si azzecca. Molti indizi concorrono alla costruzione di un’ ipotesi.
Clearview è una società USA, già sanzionata nel 2022 per 20 milioni di Euro dal Garante della Privacy italiano per aver raccolto dati personali senza autorizzazione, che ha lo scopo di costruire depositi di dati di identità sulla base della scansione di volti umani mediante telecamere e scraping8 su Internet fino ad arrivare alla loro identificazione. Il modello di business di Clearview consiste nell’intervento al posto delle forze dell’ordine e degli uffici investigativi USA in tutte quelle situazioni in cui non si vuole passare troppo per il sottile nell’identificazione di ignoti. Un vero e proprio outsourcing al privato di funzioni e poteri pubblici.
È un caso di produzione di identità biometriche simile al worldID resa efficace anche dell’Intelligenza Artificiale che sa simulare l’invecchiamento, e aggravato dalla non consapevolezza delle persone coinvolte. WorldID è generato con il consenso degli interessati, però ci aggiunge la blockchain di worldcoin, utile per la memorizzazione dei contratti. Potrebbe aggiungere, è semplice pensarlo, anche gli NFT, facendo diventare con gli hash delle loro iridi gli arruolati di Sam Altman contemporaneamente lavoratori per la sua Intelligenza Artificiale, consumatori nel suo mercato, e digital twin oggetto di diritti da lui posseduti registrati indelebilmente.
Ricorda molto la versione digitale della palla al piede a cui si incatenavano gli schiavi. Una ball and chain.
E certo non quella cantata da Janis Joplin nel Monterey Pop Festival del 1967, una grande cover dell’omonimo brano blues di Big Mama Thornton9.
1 “La funzione di hash produce una sequenza di bit (o una stringa), detta digest, strettamente correlata con i dati in ingresso.La parola deriva dal verbo inglese to hash, ovvero sminuzzare, pasticciare, che designa originariamente una polpettina fatta di avanzi di carne e verdure ”(Wikipedia). In pratica una stringa di bit ottenuta per crittografia da un contenuto digitale a cui fa da identificatore. Se il contenuto cambia, l’hash non è più valido. Quindi, se partendo dall’hash si arriva al relativo contenuto, vuol dire che questo non è stato modificato.
2 Vedi Franco Marra, La Promessa Tradita, in corso di pubblicazione.
3 Ma Giulio Cesare diceva “se non puoi battere il tuo nemico fattelo amico”: e così sono in corso iniziative delle Banche Centrali per adottare la tecnologia della blockchain. Tra queste la BCE che ha in cantiere l’€ digitale: vedi Bruno Boni Castagnetti, Franco Marra et al., Relazione del Gruppo di Lavoro sulla Finanza Digitale, atti del seminario del Forum Democrazia Etica Digitale del 22 maggio 2023 sulla Intelligenza Artificiale presso l’Istituto Gramsci di Torino.
4 La crittografia asimmetrica si basa su due chiavi di codifica e decodifica tra loro in relazione: quello che è codificato con una chiave, detta chiave privata, può essere letto ma non modificato con la chiave di decodifica, detta chiave pubblica perché può essere tranquillamente distribuita in giro. il meccanismo non preserva il segreto ma l’integrità
5 In minuscolo quando si riferisce alla valuta, in maiuscolo quando ci si riferisce alla tecnologia
6 Vedi Davide Lovisolo, La Saga di OpenAI, pubblicato su Volere la Luna il 20 febbraio
7 “il crowdsourcing (da crowd “folla” e sourcing “origine”) è lo sviluppo collettivo di un progetto – in genere su base volontaria, o su invito – da parte di una moltitudine di persone esterne all’azienda ideatrice” (Wikipedia)
8 “Il web scraping (detto anche web harvesting o web data extraction) è una tecnica informatica di estrazione di dati da un sito web per mezzo di programmi software” (Wikipedia)
9 “Il Festival Internazionale di Musica Pop di Monterey (Monterey Pop Festival) è stato un festival musicale che si è svolto dal 16 giugno al 18 giugno 1967. Vi parteciparono più di 200.000 persone ed esso è anche riconosciuto come uno degli apici del movimento hippie e il precursore del festival di Woodstock, che si svolse due anni più tardi.” (Wikipedia).