Addiction comportamentali e digitali: breve storia di un’epidemia annunciata e cenni sulle strategie di fronteggiamento

6 Dicembre 2024

di Paolo Jarre

PREMESSA

Sono ormai un medico vecchiotto e quando mi si parla di digitale il primo pensiero va ancora al miracoloso farmaco naturale che dal 1785 cura, meglio di molti ATTUALI prodotti di sintesi, l’insufficienza cardiaca.
Ma quella è LA DIGITALE che può anche intossicare e portare a morte (ha l’indice terapeutico – il rapporto tra dose letale e dose terapeutica – tra i più bassi in farmacoterapia…); ma a ben pensarci anche IL DIGITALE ha un margine terapeutico piuttosto basso.
Nel caso della digitale ogni medico lo sa e la usa con estrema prudenza; nel caso del digitale invece gran parte di coloro che dovrebbero predicare o prescrivere prudenza non lo fanno, un po’ per ignoranza, un po’ per ignavia e molto spesso perché anch’essi son in preda a un consumo eccessivo.

Abito in  una frazione di mezza montagna di un vallone laterale della Valle di Susa; si chiama Peroldrado, ci viviamo in 7; non abbiamo la fogna, non abbiamo il gas città. Ma dallo scorso mese è arrivata la fibra; qualche volta scherzosamente ci chiediamo se sia capace abbastanza per portarci il gas insieme a Internet e per portar via quello che dovrebbe portar via la fogna.

Quello ci cui vi parlerò ha in parte a che fare proprio con il difficile rapporto tra digitale e salute; comunque, il digitale ed in particolare il digitale portatile negli smartphone ha accelerato ed enormemente amplificato i fenomeni cui accennerò.

I PRODROMI DELL’ADDICTION DIGITAL

(1) Prendi oggi paghi domani; la demonizzazione dell’attesa(su questo aspetto mi dilungo un po’ di più, per gli altri mi limiterò a poco più che una citazione).

           La demonizzazione dell’attendere lo potremmo anche definire la santificazione e/o mercificazione dell’immediatezza, di fatto il brodo culturale dell’affermarsi di un’incontenibile impulsività di massa.
           Francesco Guccini nel 1965, a 25 anni, sotto l’influenza di una duplice ispirazione (da un lato la “Morte di Dio” di Friedrich Nieztsche e dall’altro il Poema “L’Urlo” di Allen Ginsberg, che inizia con “Ho visto le menti migliori della mia generazione…”) scriveva la sua prima canzone (portata poi al successo da “I Nomadi” e Caterina Caselli) che prendeva il titolo di “Dio è morto”; la lirica cominciava con il famoso “Ho visto la gente della mia età andare via…” e poi proseguiva con un’invettiva contro una serie di aspetti di quella che già allora si chiamava “la società dei consumi”, sino a un verso, singolare e allora incompreso dai più, nel quale Guccini diceva “…nella auto prese a rate, Dio è morto”.
          Esagerato? Vero che Draghi allora aveva 18 anni e non aveva ancora inventato il “debito buono”, ma la considerazione appariva francamente fuori luogo ed esagerata ai più.
        Era d’altronde anche l’epoca nella quale ebbe successo la fotografia istantanea Polaroid (azienda fallita ne 2008 poco prima dell’avvento dello smartphone; l’attività è stata ripresa con un certo successo come prodotto vintage..).

             Il tema del “preso a rate” ricompare, pochi anni dopo, nel 1971, con il film ad episodi che si chiamava “Le coppie”. Il primo episodio di Mario Monicelli si chiamava “Il frigorifero” e aveva come protagonisti due proletari sardi immigrati a Torino, Gavino e Adele, interpretati in modo davvero poetico da Enzo Jannacci e Monica Vitti.

         Lui vendeva castagnaccio a un angolo di una strada del centro, lei puliva maniacalmente un seminterrato in periferia dove vivevano; una casa povera con un enorme frigorifero nel quale c’era a solo una brocca d’acqua, tenuta in fresco per i vicini “in visita al frigo”. Al momento di pagare l’ultima rata di 9.100 lire però lui smarriva i soldi.   
         Disperazione. Vedono la vicina che fa la bella vita prostituendosi e tra mille titubanze decidono che lui accompagnerà lei a Porta Palazzo per un unico cliente in cambio di una tariffa di esatte 9.100 lire. Recuperano così i soldi necessari e vanno al negozio a pagare l’ultima rata. Andando via lei vede una bellissima lavatrice; guarda lui e sorride ammiccando.

           Perché ho iniziato il mio racconto con queste due storie?
           Perché, perdonatemi la forte semplificazione, tutte le forme di addiction, con o senza sostanza che siano, cominciano con un’auto o un frigorifero (o l’acquisto di qualsiasi altra cosa …) presi a credito, un “godi oggi e paghi domani”: in tutte la dipendenze il “paghi domani” costa più del godi oggi, la differenza la fanno gli interessi che – banale dirlo – non sono gli interessi del consumatore ma quelli del commerciante, sia esso la FIAT o la INDESIT di allora, sia invece la mafia di oggi, con tutte le sue articolazioni.
          Quegli interessi li paghi con i soldi, con la dignità come Adele, con la libertà e pure, sono un medico, con la salute, fisica, psichica e sociale.

          Sul “godi oggi” si fondano gli imperi commerciali, sul “paghi domani” le disgrazie di milioni di disperati che nel mondo cinico di oggi sono spesso additati – victim blaming – come i pochi sfigati che se la sono cercata, che non hanno saputo controllarsi.

          Il digitale ha trasformato quel “godi oggi” e “paghi domani” in “godi adesso” e “paghi alla cassa”.

(2) Prendi tutto anche se non hai bisogno            Lucio Dalla e Ron nel 1978 scrissero una canzone, diventata famosa nella versione cantata con De Gregori. Si chiamava “Cosa sarà”; uno dei versi,  a un certo punto, diceva: “cosa sarà che ti fa comprare di tutto anche se è di niente che hai bisogno…

(3) La demonizzazione dell’ozio (padre dei vizi si diceva una volta, denigrandolo, dal momento che in realtà, a ben vedere, oggi può essere sicuramente considerato un fattore protettivo …); il cosiddetto “tempo libero” come una sorta di bisaccia da riempire fino quasi a farla scoppiare…
           In particolare con …

(4) L’invenzione dell’intrattenimento; che poi è trattenere dentro, tenere, non lasciar andare per poter rimpinzare, assoggettare alla somministrazione non richiesta di contenuti commerciali. Giacomo Leopardi nelle “Operette Morali” parla
“… delle arti che servono all’intrattenimento e alla giocondità della vita inutile”.

(5) La santificazione della “comodità”, il poter fare tutto da casa, ammesso che la casa la si abbia…(su questo l’evoluzione della tecnologia digitale dall’home banking al food delivery, il gaming, il gambling, l’e- commerce ci offrono un catalogo sempre più ricco …)

(6) La televisione dei pacchi, dalla Repubblica fondata sul lavoro allo Stato delle Banane fondato sulla botta di culo…

…… e così via sino all’ultimo…

(7) Il Pensare e riflettere come una sorta di chimera evolutiva: non bollirti il cervello, risparmialo per pensare alle quote delle scommesse sportive, per il resto c’è l’intelligenza artificiale.

            Tra le strategie più potenti adottate dall’industria commerciale in senso lato, sia quella offline che quella web based si sono applicati in modo sistematico i modelli operativi del behaviorismo:

– il condizionamento classico, quello di Ivan Pavlov, la scodella con il cibo, lo stimolo associato, la campanella …

– il condizionamento operante, quello di Burrhus Skinner, particolarmente utilizzato nel commercio del gambling, con il rinforzo intermittente e solo apparentemente  prevedibile del comportamento.

            E poi, in particolare nei social, la retroazione, il feedback; il passaggio dalla antica margherita sfogliata petalo per petalo sino all’ultimo per capire se mi ama o non mi ama? – ma bisogna andare in campagna, trovare le margherite, la stagione giusta, certe volte per sapere se mi ama o no bisognava aspettare dei mesi – il passaggio al cuoricino, al visto, alla doppia spunta, al like, quanti like hai? ….. una microiniezione di cocaina.

            Il tutto condito dall’ingrediente più potente nel creare dipendenza: l’istantaneità dell’effetto. Nel gambling tutta l’evoluzione dell’offerta è andata in questa direzione…).

             L’insieme dei fenomeni che ho tratteggiato, la loro pervasività, ha prodotto un effetto di completa saturazione della vita emotiva di gran parte della popolazione, portata ad una sorta di “emotigramma” piatto.

            E così l’altalena emotiva
offerta da un lato, in termini materiali, dalle droghe (intese in senso lato), alto-basso, alto-basso e dall’altro, in modo intangibile, dall’ambiente immersivo di Internet (che penetra nel organismo attraverso 2 dei 5 sensi) hanno gioco facile nell’impadronirsi  del consumatore trasformandolo in un dipendente progressivamente patologico.

COSA CI SIAMO PERSI ALLORA? COS’E’ MORTO? (non Dio, quella di Guccini era una metafora …) COSA RECUPERARE PER COSTRUIRE ANTICORPI?

           Molte, molte cose diversamente piacevoli; in cambio di un po’ di dopamina (che poi per finire è la nostra, mica la loro, che ci fanno spremere sino ad esaurirla …) ci siamo spesso giocati la serotonina, sempre la nostra.
           Un lungo elenco.

(a) L’attesa, i riti, la domenica
     Nella bellissima canzone “Il ‘56” ad un certo punto Francesco De Gregori dice: “…e il Natale, allora sì, che era una festa vera, cominciavo ad aspettarlo quattro mesi prima…”
     L’attesa a ben vedere è il vero piacere, sia quella di un momento rituale come il Natale che anche quella di una possibile conquista amorosa (anche il seduttore seriale confermerebbe che il vero piacere sta nel prima, d’altronde l’amore dopo si dice che si consuma…).
        Tutto travolto da una prepotente crescita del fenomeno che viene definito “delay discount”, la sempre maggiore incapacità di differire e programmare, tutto travolto dal  precipitare torrentizio di un’impulsività di massa…
        Dal Natale di De Gregori di feste ne sono state aggiunte decine, tristi e banali…la domenica (o il sabato o il venerdì) è diventato un giorno come gli altri, negozi aperti e così via …

(b) Il vuoto, la mancanza
        Il leggero “languorino” della pubblicitàdel Ferrero Rocherè diventato una sorta di malattia, l’acquolina è rimasta – soppressa dalle infinite varianti di aperiqualchecosa – un qualche cosa buono soltanto per un esercizio su quando mettere le lettere cq e quando invece solo una  c o una q per i bambini delle elementari.
        Oramai oltre  venti anni fa quando una mamma disperata mi chiedeva, riferendosi al figlio tossicodipendente, che cosa avesse mancato di dargli, mi trovavo quasi sempre a dirle “signora,è mancata la mancanza”.

(c) L’imprevisto, il piacere di perdersi, di sbagliare strada (pensiamo al più famoso di questi errori, quello di Cristoforo Colombo), diventati guai orribili invece che una formidabile opportunità.

(d) La consapevolezza e l’accettazione dei propri limiti, l’invecchiare prima di tutto; dall’esplosione della chirurgia estetica, alle vagonate di Viagra dei 90enni decrepiti per abbattere l’inesorabile aumentare del fisiologico periodo refrattario e così via.

(e) La sete di conoscenza, l’attenzione, la capacità di farsi buone domande e con questo di avere buone risposte; gli effetti devastanti sull’attenzione degli ipertesti, dei link infiniti.
(f) Il mistero: ora dopo il ritrovamento del cadavere di George Mallory nel 1999, quello del relitto dell’Endurance nel 2022, dello scarpone con il piede dentro di Andrew Irvine qualche settimana fa,non ci rimane che la loro Leica, che forse conserva – e speriamo continui a conservarlo per sempre – il segreto della prima scalata sull’Everest.

(g) La presenza; tutti quanti siamo spesso spettatori al ristorante della coppia, uno di fronte all’altro, ciascuno a scrutare dentro il proprio device o dei genitori che si perdono i bambini ai giardinetti, il cellulare ha superato l’alcol come causa di incidenti stradali; tanti anni fa al comparire dei primi segnali di questo fenomeno coniai, assieme alla categoria dei “disturbi del piacere” che avrebbero dovuto affiancare in una nuova edizione del DSM (Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali) quelli del pensiero e dell’umore, il concetto di “altrovità”.

(g) Il desiderio, saturato dal tutto a portata di mano e sostituito da un sorta di pseudobisogno; spesso mi capita quando parlo con i ragazzi dei rischi del cellulare, Internet “a centimetri 0”, 24 ore su 24, mi capita di dir loro che ci sono due oggetti del desiderio a portata di mano 24 ore su 24 e che non è quello che si diceva una volta quello che fa diventare ciechi, oppure che non esiste “il punto 5G”….

CHE FARE, CHE PROVARE A FARE?

Mozart, citato recentemente dal maestro Muti diceva: “… la musica più profonda è quella che si nasconde tra le note, tra una nota e l’altra, anche se strettamente legate, c’è l’infinito…”

              Non c’è musica senza silenzio, avremmo solo un infinito e fastidioso suono ininterrotto.
              Ma anche non c’è pieno senza vuoto.
              Nel cartone animato di Disney “La spada nella roccia” (“The sword in the stone” il titolo originale) c’è una straordinaria canzoncina dei Sherman Brothers – autori di gran parte delle colonne sonore di allora di Disney – che si chiama “Questo il mondo fa girar”.

             E’ cantata in una scena nella quale Mago Merlino insegna a Semola, il futuro Re Artù, a volare e dice così:
per ogni qua c’è sempre un là, per ogni se c’è sempre un ma, per ogni su c’è sempre un giù, per ogni men c’è sempre un più…” (sulla scorta di questo insegnamento chiamammo il modulo per cocainomani della nostra Comunità “Lucignolo & Co.” a Rivoli, “Per ogni su c’è sempre un giù”).

            Bisogna studiare strategie che aiutino a recuperare il senso delle distanze, un’intimità autentica, il piacere del tempo d’attesa, il silenzio, il mistero e così via.

            Bisogna muoversi verso la “scomputerizzazione” o “sdigitalizzazione”; non per niente nella musica c’è un ritorno ai vinili che con il loro “suono sporco” garantivano però con l’imperfezione maggiori autenticità e originalità.

            Senza addentrarmi nelle strategie terapeutiche – non è questo il luogo – solo qualche spunto di riflessione, qualche provocazione “verso un’ecologia della mente” per citare il vecchio Gregory Bateson.
            In generale si tratta di interventi di cosiddetto pre o self commitment nella programmazione del contenimento dell’utilizzo del web, spesso con un recupero delle imprecise modalità analogiche.

             Ad esempio:

(1) Comprare una volta alla settimana un giornale cartaceo e andare a leggerlo dove non ci sia connessione Internet.

(2) Comprare una volta al mese un oggetto importante con un approccio Amazon Bad dal venditore che garantisce il più lungo e incerto tempo di consegna.

(3) Scrivere una lettera cartacea a un amico una volta al mese.

(4) Andare alle Poste a fare la fila per pagare una bolletta o spedire un pacco una volta al mese.

(5) Leggere un vecchio giornale cercando articoli e notizie che non siano “scaduti”.

(6) Comprare un “Gratta & Vinci” e conservarlo in una busta una settimana e poi cominciare a grattare un simbolo alla settimana.

(7) Lasciare il cellulare a casa e recarsi in un quartiere sconosciuto con il solo aiuto della bussola; se ci si prende gusto iscriversi ad un corso di Orienteering.

(8) Raggiungere un luogo preciso in una città sconosciuta con il solo aiuto di una mappa cartacea, le vecchie “pagine gialle”.

(9) Ritualizzare la rinuncia al cellulare in 1 giorno settimanale di digiuno assoluto.

(10) Provare a programmare l’acquisto dei soli Giga necessari e rinunciare alla follia dei giga illimitati.

(11) Per chi naviga per mare provare a spegnere il GPS e muoversi per punti cospicui nella navigazione costiera (e se poi si è proprio coraggiosi con sestante e astrolabio nella navigazione d’altura).

E in ultimo,

(12) Rendersi irreperibili a tutti per un giorno al mese (cambiando giorno tutti i mesi per evitare la profilazione…). Un po’ “L’ora del vero sentire” di Peter Handke.

             D’altronde il Dio di Guccini risorge; “io penso che questa mia generazione è preparata, a un mondo nuovo e a una speranza appena nata, ad un futuro che ha già in mano, a una rivolta senza armi, perché noi tutti ormai sappiamo, che se Dio muore è per tre giorni e poi risorge” e anche Dalla e Ron dicono “Cosa sarà? Che ci fa lasciare la bicicletta sul muro e camminare la sera con un amico, a parlar del futuro

            Lavorare infine sul potere dei limiti. La siepe del già citato Leopardi.
           L’incipit della più bella poesia della letteratura italiana, “L’infinito“… recita così:

Sempre caro mi fu quest’ermo colle ,

e questa siepe, che da tanta parte

dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando, interminati

spazi di là da quella, e sovrumani

silenzi, e profondissima quïete …

Gli interminati spazi stanno di là da quella.